Lettera di Alberto R.Rutter,

Caro Carlo

Ciao, spero, come sempre, che tu stia bene e che tutto proceda nel migliore modo possibile.

Stavo riflettendo, questi giorni, sulle conseguenze attuali e quelle future della tangibile regressione economica che il mondo occidentale sta affrontando e sull’importanza del trasporto collettivo sia celere e di grande capacità sia a domanda/offerta flessibili, in questa fase socioeconomica, anche e specialmente in Italia. Ben sappiamo quanto, in molteplici aree del Paese, manchi un’adeguata infrastrutturizzazione ferrotranviaria, complice la sistematica procedura di smantellamento avvenuta soprattutto tra gli Anni Cinquanta e gli Anni Ottanta del XX sec., spinta dalla politica monomodale della mobilità e dei trasporti, affidando alla gomma il monopolio degli spostamenti.  L’opportunità di valersi, nonostante la crisi, degli effetti delle politiche della mobilità e dei trasporti, promosse dalle organizzazioni comunitarie preposte (ovvero dei finanziamenti mirati nel campo di ambiente, trasporti e dell’energia), viene però applicata prevalentemente solo da altri Paesi europei.

In Italia continua, infatti (anzi dovrei dire “viceversa”), lo stillicidio di occasioni perdute nei riguardi della salvaguardia, dello sviluppo sostenibile di centri storico – monumentali di diverse dimensioni, a causa del peggioramento dell’accessibilità alle città d’arte ed ai luoghi di interesse culturale o ambientale di pregio, su tutto il territorio nazionale.

Il fenomeno negativo, come tu ben sai, trae principalmente origine dallo squilibrio modale dei trasporti e si manifesta attraverso due aspetti del tutto controproducenti:

–         la strada quale unico sistema di trasporto per raggiungere insediamenti e località storico-monumentali, un tempo serviti anche dal trasporto su rotaia;

–         la trasformazione di città d’arte e di centri, nuclei abitati e siti di interesse storico culturale da insediamenti a misura d’uomo a insediamenti “a misura d’automobile e di pullman”.

Affidare esclusivamente all’autoveicolo privato, agli autoservizi di linea o agli automezzi a noleggio, la possibilità di raggiungere la maggiorparte degli insediamenti di elevato interesse storico-monumentale, significa incrementare il turismo “mordi e fuggi” e l’incapacità di comprendere il reale valore del luogo visitato ed il rispetto del sito: un contributo fondamentale all’acquisizione di una maggiore consapevolezza culturale del luogo, viene fornito dall’avvicinamento alla meta, mediante un moderno e confortevole veicolo ferrotranviario leggero, procedendo a velocità moderata su linee secondarie storiche.

Il secondo aspetto sconvolge la fruibilità paesaggistico-monumentale degli abitati sopraccitati, identificandosi con un vero e proprio “assedio” dei mezzi di trasporto su gomma nei centri storici dei medesimi insediamenti, alterandone l’armonia del paesaggio urbano.

Taluni Comuni con maggiori risorse a disposizione, tuttavia, peggiorano la situazione, incrementando la trasformazione della forma urbis, a causa della realizzazione di parcheggi non pertinenziali nel cuore dei centri storici, anziché all’esterno dei medesimi.

A riguardo, tuttavia, ti desidererei parlare più approfonditamente in altra occasione, dando la priorità al primo aspetto (troppe linee ferroviarie o tranviarie chiuse all’esercizio da anni, ma mai disarmate, corrono oggi, dopo decenni di oblio, il rischio di essere smantellate).

In casi sempre più diffusi, molte di esse sono soggette a progetti di trasformazione o sono già in corso di trasformazione in lunghi itinerari ciclopedonali (spesso sottoutilizzati e costosi da mantenere). Questo aspetto mi preoccupa non poco, perché, per quanto risulti assolutamente indispensabile valutare caso per caso l’opportunità di riconvertire in pista ciclabile una ferrovia chiusa al traffico, ma “fisicamente” ancora esistente, sono convinto che debba prevalere la possibilità di ovviare agli effetti negativi provocati da errate scelte politiche trasportistico-territoriali, prese decenni orsono, squilibrando la cultura della mobilità in Italia.

La riattivazione di una ferrovia mai smantellata, che tocca insediamenti o siti di notevole interesse storico-monumentale o paesaggistico-ambientale, è certamente un’operazione che non entra in contrasto con la realizzazione di una pista ciclopedonale parallela ed, anzi, rappresenta una infrastruttura di mobilità e trasporto adattissima a supportare una rete di piste ciclabili che si possano dipartire dalle stazioni o dalle fermate della linea (o ricollegarsi ad esse).

Sottolineo questo, poiché non sono affatto in contrasto con la realizzazione di itinerari ciclopedonali, ma nel quadro di una più generale operazione di effettiva integrazione modale dei trasporti, sempre più disattesa.

Esemplificando questa mia riflessione, fa meditare la firma di un atto avvenuto proprio qualche  qualche giorno fa da parte della Provincia di Pordenone riguardo la sorte di una linea ferroviaria nel territorio regionale del Friuli Venezia Giulia: la Casarsa della Delizia – Spilimbergo – Pinzano al Tagliamento, chiusa al servizio da venticinque anni circa, ma, appunto, mai smantellata. Anche questa delibera, stando alle mie attuali informazioni, mirerebbe al riutilizzo della sede ferroviaria a scopi ciclabili, privando, di fatto, un centro storico-monumentale, didattico, industriale e turistico, quale Spilimbergo e tutti gli insediamenti della Destra Tagliamento di un sistema di trasporto alternativo a quello stradale.

È l’ennesima dimostrazione del perseguimento di un modello negativo di sviluppo trasportistico-infrastrutturale in territorio italiano.

Gestendo, viceversa, queste infrastrutture di trasporto su rotaia come linee tranviarie (soluzione favorita anche dalle nuove direttive sull’agente unico “a bordo treno”), anziché linee ferroviarie, i costi di esercizio, manutenzione, ecc. risulterebbero assolutamente minori. Il mancato recupero di queste linee, invece, potrebbe provocare la loro ricostruzione ex novo,  in futuro, gravando ben di più sul consumo di territorio e sulla spesa pubblica…

Questi ragionamenti potrebbero forse rivelarsi utili ad iniziare a colloquiare tra noi, per costruire il convegno di Urbino del prossimo anno. Spero di non essermi soffermato troppo a lungo su tematiche ben note, ma ti ringrazio, come sempre, sentitamente della cortese attenzione e ti saluto cordialmente.

Ciao ed a presto, Alberto

Alberto ROUTHER – RUTTER
Urbanistica, mobilità e riequilibrio modale dei trasporti